lunedì 8 dicembre 2014

Torta Bounty

Per augurare a tutti voi un felice giorno dell'Immacolata io e mia sorella abbiamo deciso di dare il via a una rubrica di ricette qui sul mio blog.
La prima ricetta sarà la torta preparata oggi per il compleanno di Alessia, la torta bounty, che si ispira alla famosa barretta di cioccolata al gusto di cocco.

Ecco di seguito gli ingredienti:

Ingredienti per uno stampo da 20 cm
   

  • 150 gr di farina
  • 80 gr di burro
  • 80 gr di zucchero
  •   latte q b ( 60-80 g circa )
  • 3 uova
  • 1\2  bustina di lievito per dolci
  • 30 g di cacao amaro









  • Per la crema  
  • 100 g di farina di cocco
  •  60 g di zucchero
  • 1 albume
  • 1 cucchiaio di maizena (o fecola di patate )
  •  50 ml di panna liquida















  • Vediamo quindi la preparazione.

      Lavorate  il burro con lo zucchero.



    Unite le uova e continuare a mescolare.



    Aggiungete la farina setacciata con il lievito.


    Poi il cacao, sempre setacciato.



    E infine aggiungere il latte q.b. e  mescolare finché tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati.




    Ora passiamo alla crema gusto Bounty.


    Montare l’albume a neve.


    Unite lo zucchero e la farina di cocco.


    Aggiungete la panna e in ultimo la maizena e mescolate bene bene il tutto, fino a raggiungere una consistenza compatta ma allo stesso tempo cremosa. 



    Imburrate uno stampo da 20 cm e versare metà  del composto al cacao, poi aggiungete la crema  al cocco e infine versate sopra il restante composto al cacao. 





    Infornate a 180° per 50 minuti.

    Ed ecco la vostra torta al gusto cocco e cioccolato pronta da gustare in compagnia di amici e parenti con accanto un bell'albero di Natale pieno di lucine colorate!
    (Foto: Emanuela Napoli - Realizzazione torta Alessia Napoli)




    Da Emanuela e Alessia per oggi è tutto! Ci risentiamo alla prossima e golosissima ricetta!

    lunedì 12 maggio 2014

    Ricordi di un viaggio. Al profumo d'Oriente.

    Certe volte mi prende una strana nostalgia.
    Nostalgia... per le cose già vissute, e per quello che non ci sarà.
    Nostalgia di qualcosa di che in realtà non ho vissuto pienamente, ma a metà.
    Come un solo morso al proprio dolce preferito che ti viene tolto via dalle mani.
    Ecco, qualcosa di abbandonato troppo in fretta.
    Come una città in viaggio. Un solo giorno, pienissimo di cose fatte, viste, provate, mangiate, kilometri camminati, ma sempre un solo giorno.
    Come Granada.

    Quasi due anni fa, era il Luglio del 2012.
    Dopo le 'fatiche' degli ultimi esami all'Università di Oviedo io e la mia amica decidiamo che non possiamo tornare in Italia senza aver visto il Sud della Spagna, senza esser state prima in Andalusia.
    Così, armate di ipod vari ed eventuali con le nostre playlist fatte da Beatles, Ligabue, Gustavo Lima e il suo TchèTchèrechè, le hit spagnole e latine del momento: como tu no hay dos, una vaina loca, hasta que salga el sol, colgando en tus manos, e più di tutti i Negrita con l'album Dannato Vivere, partiamo senza programmare nulla. Viaggiamo di notte, dormiamo sulla spiaggia, ci laviamo all'aeroporto, andiamo a ballare col costume, beviamo birra per mangiare tapas, ci godiamo il sole fino all'ultimo raggio e il tempo senza fretta, facciamo figuracce, scattiamo foto sin parar, scrocchiamo wifi e mappe delle città, ma soprattutto ci perdiamo, sempre!
    Una città dopo l'altra, scelte col cuore, senza razionalità: Madrid, Granada, Malaga, Marbella e Sevilla.

    Ma quella che mi è rimasta dentro più di tutte è Granada.
    La città magica, dove tutte le strade profumano di Oriente, dove il sole batte forte, le case sono bianche e senti la libertà ovunque intorno a te.
    Con l'Alhambra a fare la guardia, a vegliare sulla città. Fontane, finestre sul mondo, stanze del sultano, giardini verdi e torri.
    Quella stradina che sa di thè e di spezie, i colori brillanti delle stoffe pregiate, mille gingilli e souvenir tintillati, lampade che sembrano arrivare direttamente dalla fiaba di Aladdin.
    In quei vicoli stretti, nel suo sali-scendi lungo l'Albayzìn, con portoni dalle forme arabeggianti del color degli agrumi fino ad arrivare al belvedere che si affaccia sull'Alhambra.
    E quando cala la sera e si accendono le luci ti ritrovi in un qualche racconto da Mille e una Notte, sorseggiando vino e mangiando pesce su divanetti pieni di cuscini.
    Ma per tutte le favole arriva la fine... e si torna in ostello per chiudere la valigia e viaggiare verso altre mete.
    Fino a ritrovare se stessi.

    Manu





























    (Fonte: Emanuela Napoli Photo)
    (Tutti i diritti riservati ©)



    mercoledì 7 maggio 2014

    Sentirsi a casa. Essere a casa.

    Ieri sera ho avuto l'occasione di scrivere un articolo sulla mia cara Pisciotta per il sito ItalyZapping (link dell'articolo qui) e mentre mi districavo tra parole, pensieri e foto (tutte esclusivamente fatte da me) da inserire, la mia mente vagava da sola in anfratti nascosti e un po' dimenticati della mia memoria.
    Le immagini scorrevano per ogni descrizione, come se mi trovassi tra quei vicoli, sotto il sole e stessi percorrendo realmente la strada sotto i miei piedi e stessi davvero incontrando le persone che caratterizzano la 'mia' Pisciotta, quella che ricordo da bambina, quelle che se penso al piccolo borgo sono sempre lì, anche se alcune purtroppo non ci sono più, come i miei nonni Anella e Gabriele.
    Vedo Don Peppe, il nonno di mio cugino, che torna poco dopo l'alba dalla pesca notturna delle alici ed ha sempre con sé un sacchettino da lasciare a mia nonna che subito si adopera per pulirle e prepararle per il pranzo. E le fa in tutti i modi e per tutti i gusti: marinate con solo limone e aceto, 'ndurate e fritte (passate nella farina e poi fritte) e quelle 'mbuttunate ossia due alici aperte con in mezzo una sorta di frittatina e poi passate in umido con un po' di pomodorini. O almeno è sempre così che lei le preparava e chiamava. E poi c'è mio nonno che preparava il caffè, il più buono del mondo (era barista da giovane), con l'anice che aveva sempre in dispensa, e lo offriva a Don Peppe che si fermava da noi per due chiacchiere in compagnia prima di tornare a casa sua.
    Uno dei personaggi che ricordo da piccolissima ed ancora oggi è parte fondamentale della vita pisciottana è Antonio, il fruttivendolo. Con il suo camioncino, da anni, arriva a Pisciotta con frutta e verdura sempre freschissime e, ieri con mia nonna, oggi con mia mamma, ci fiondiamo fuori casa col borsellino dei soldi sotto braccio per scegliere i pezzi migliori ed immancabile è l'anguria, il melone rosso, spaccata a metà perché altrimenti non entra in frigo.
    E vedo tutte le discese a mare a piedi giù per La Chiusa, la strada che collega Pisciotta paese con la Marina, in mezzo spaccata dalla Stazione Vecchia, la strada dove passavano i vecchi binari delle ferrovie, con tanto di casello e gallerie buie che più buie non si può. Ho sempre avuto paura di passarci sotto a piedi, così imponente se ci arrivi vicino, ma col motorino, rigorosamente in due come cantava Max, passarla è un attimo e dall'altro lato c'è un gran bel spettacolo ad aspettare i più coraggiosi. Magari la fifona sono solo io!
    Tornando alla Chiusa riesco a sentire quei profumi proprio adesso, e il sapore delle more che prendevo insieme a mio padre e dei fichi rubati da quell'albero che sporge lungo la strada. Da piccola proprio non mi piacevano quei frutti dai mille semini e dal siero che usciva da sotto «Attenta col latte che esce, non metterti le mani in bocca dopo!», oggi invece farei carte false per mangiarli!
    E la chiesetta? Quella piccola col terrazzino avanti, dove tante volte mi sono fermata a leggere un libro, a scrivere pensieri, seduta sotto l'ombra degli ulivi e con l'aria di mare che fresca arrivava da giù.
    I gradoni tutti di grandezze diverse che fai quasi più fatica a scendere che a salire, le api e i calabroni come la pece che ti sfiorano il viso e fiori e fili d'erba che si riprendono ciò che apparteneva alla natura.
    E di colpo, ultimo gradino e il mare davanti ai tuoi occhi. E il porto. Pieno di scintillio... è il sole che impreziosisce col pagliuzze dorate quel selvaggio blu.
    Poi di colpo i miei pensieri si sono spostati dalle passeggiate in solitaria alla caciara del periodo adolescenziale, il gusto unico dei cornetti di Franco a colazione alle 11 tutti insieme, o meglio ancora l'odore di quelli appena sfornati alle 5 del mattino dopo una notte passata con gli amici ad aspettare l'alba per poi tuffarsi nelle tiepide onde. Le giornate alla Sorgente sugli scoglioni a prendere il sole, giocare a Uno, scrivere poesie e a farsi confidenze tra amiche.
    Tra ricordi, immagini, profumi che sono come le madeleine di Proust, mi godo questi pensieri con la certezza che saranno indelebili e sempre nuovi ad ogni incontro con la 'mia' Pisciotta.

    Manu


























    (Fonte: Emanuela Napoli Photo)
    (Tutti i diritti riservati ©)